Il
giorno dei morti (Maurizio De Giovanni)
Sappiamo già come è morto Tetté, sappiamo già che
non è un omicidio, sappiamo già che la sua breve vita era dura, sappiamo già
che correva enormi rischi ogni giorno.
E allora cosa sta cercando il
Commissario Ricciardi?
Non sembra esserci un assassino né un
omicidio in questo giallo di De Giovanni, però ci sono un commissario di
pubblica sicurezza, un brigadiere, un vice questore, un prete, un femminiello, un
dottore eversivo, degli scugnizzi, alta società e bassezze morali e perfino,
quasi sullo sfondo, il Duce.
Ricciardi non cerca l’omicida, che non
può esserci, ma il luogo dove Matteo Diotallevi è morto.
E lo fa per quello che lui chiama “il
Fatto”, cioè la sua capacità di vedere i morti nel luogo dove sono deceduti e
sentire il loro ultimo pensiero o le loro ultime parole.
Unica nota veramente fantastica nel
romanzo che per il resto ci tratteggia una Napoli del 1931 (X anno dell’Era
Fascista) perfettamente reale. Dura nella sua miseria e nei suoi personaggi ma
estremamente poetica.
Come quando l’autore ci regala qualche
pagina (cap. XII) sulla pioggia d’autunno che scende uguale per tutti eppure
diversa per ognuno.
E allora il commissario cerca. Cerca
il luogo ma anche il motivo per cui un bambino debba morire a Napoli nel 1931,
X anno dell’Era Fascista. Ma cerca anche un amore che sembra solo guardarlo
come lui guarda dalla finestra.
E infine il romanzo ritorna nuovamente
nei canoni classici del giallo…
Bellissimi personaggi che sembrano
talmente reali e convincenti da uscire dalle pagine del libro per inserirsi nei
ricordi che non posso avere di quell’ottobre del 1931, X anno dell’Era
Fascista.
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