La condanna del sangue (Maurizio de Giovanni)
Lucia si ritrovò davanti a una povera vecchia ammazzata con ferocia, a una donna bellissima sfregiata e provò pena e orrore. Poi vide un ometto col riporto, fidanzato con una sessantenne e con la madre immortale, e rise fino alle lacrime; e immaginò una donna nobile, ricca e senza amore ed ebbe pena di lei; un marito anziano, stimato e triste, ed ebbe pena anche per lui.
Conobbe una donna grassa con gli occhi piccoli, che aveva deciso di diventare una truffatrice dopo essere sempre stata onesta, e scosse il capo disapprovandola; ma seppe che aveva una figlia minorata, testimone di chissà che inferno, e la commiserò. Seguì la mente malata di un attore narcisista e provo di nuovo orrore; vide una bambina pallida con gli occhi grandi e vecchi, senza mamma e poi senza papà, e pianse per lei. Scosse il capo al cospetto di un guappo minaccioso e di un commerciante laido, entrambi col sangue avvelenato dalla bellezza.
E scrutò negli occhi del marito, quando le parlò di colei che aveva deciso di mozzarsi la zampa nella trappola, per essere di nuovo padrona della vita
propria e di quella del figlio; perché aveva sentito vibrare una corda antica,
che credeva di aver udito solo lei. Ma lui le sorrise e le accarezzò il viso. E
le disse: “Madonna, ma quanto sei bella”.
Conobbe
un pizzaiolo allegro e felice, ne vide il sangue che sgorgava dal petto insieme
all’amore per i figli e all’orgoglio, e pianse per lui e per quelle tre
creature. Lottò al fianco della moglie e della madre per salvarne il nome, e
con loro vinse.
Capì
quello che sono i figli, ancora una volta…
Stavolta
la recensione non l’ho voluta scrivere io, l’ho lasciata scrivere all’autore
che con questa bellissima pagina sembra introdurre, presentare e scrivere del
suo lavoro.
In
realtà questa pagina è quasi alla fine del romanzo e ne riassume davvero i
sentimenti, le sensazioni e le storie di questa indagine primaverile del
Commissario Ricciardi, nell’aprile 1931 a Napoli.
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