LA MONTAGNA DI LUCE
di PETER BOARDMAN
È l’ottobre del 1976 quando Peter
Boardman e Joe Tasker raggiungono la vetta del Changabang, giudicata (ancora ai
giorni nostri) una delle più impegnative pareti di granito della Catena
Himalayana. La strada che ha portato alla realizzazione di questa impresa
alpinistica è stata intrapresa più di un anno prima e i due ragazzi inglesi
hanno dovuto affrontare innumerevoli difficoltà. Sponsor (quindi soldi) che non
si trovano, permessi da parte delle autorità locali che tardano ad arrivare,
piccoli infortuni e tanti dubbi hanno messo a dura prova Peter e Joe, ma alla
fine i due riescono a partire.
Solitamente i libri di alpinismo
tendono a galvanizzare, oltre al valore tecnico della scalata, anche il forte
rapporto di amicizia che si viene a creare tra i componenti della spedizione.
Non è questo il caso. Non che non abbiano un buon legame tra di loro, più che altro
si potrebbe dire che ognuno vive l’esperienza alla sua maniera, sostenendo che
sarebbe un’azione deleteria per la cordata lasciarsi andare ad un eccessivo
cameratismo. Ciò, secondo i protagonisti, non permetterebbe di prendere
decisioni lucide nei momenti chiave. È per questo motivo che l’esperienza viene
vissuta in modo introspettivo ed il racconto in alcuni punti appare troppo
tecnico e povero di quell’umanità che ci si aspetterebbe di trovare in una
situazione così ai limiti della sopravvivenza. Dopo lunghe giornate di fatica
trascorse in parete tra illusioni e disillusioni, tra momenti di tensione e di
incomprensione senza sapere perché realmente si trovano lì, finalmente i due
alpinisti raggiungono la vetta. La strada che riporta a valle abbassa anche i
reciproci toni e tutto cambia…l’osservare la montagna appena conquistata grazie
agli sforzi di ognuno avvicina queste due personalità forse un po’ troppo
isolate in parete, creando realmente una vera cordata, ma soprattutto una vera
amicizia.
Nessun commento:
Posta un commento