DIARIO CLANDESTINO
1943-1945 G. GUARESCHI
Il nome di Giovannino Guareschi è
indissolubilmente legato alle figure di Don Camillo e Peppone e alle vicende
che attorno ad essi vennero costruite. Ma c’è un altro Guareschi, forse meno
conosciuto ma comunque sia valevole di essere scoperto…c’è l’uomo che ha un suo
importante vissuto, da prigioniero in un Lager nazista per un periodo di tre
anni. Questo libro non è un vero e proprio racconto di quei terribili anni ed
il suo stile di scrittura non si avvicina certamente a quello di Primo Levi.
Queste pagine sono un insieme di momenti e di pensieri vissuti nel Lager,
scritti e raccontati agli altri prigionieri per esorcizzare quell’incubo del
quale si erano trovati inconsapevolmente attori. Alcuni episodi sono giunti
fino ai giorni nostri ma sono di difficile comprensione per chi li legge,
perché non suscitano scalpore, non creano disgusto e rabbia, non smuovono senso
di colpa o di pietà. Più che altro toccano le corde della dolcezza e della
malinconia. L’idea di Guareschi non era di piangersi addosso, ma di non perdere
quei momenti perché, anche laggiù tra Polonia e Germania, quella vita fatta di
stenti era comunque vita…e non la voleva perdere. Può apparire inconsueto ma,
nel momento in cui tutti volevano dimenticare quei giorni, lui voleva
trattenere qualcosa di essi cercando di addolcire la tristezza con una leggera
ironia.
Scrive tra le righe: “Il pensiero
è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso ogni
notte esca dal recinto…”. È con questa forza d’animo e con il suo grande
attaccamento alla vita che Guareschi ha affrontato la lunga prigionia
lasciandoci come testimonianza questo diario…
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