giovedì 16 agosto 2012

Un suggerimento di Sara

Oggi Sara non ci propone un testo sulle sue amate montagne, ma rispolvera un vecchio libro quasi dimenticato.  Grazie, Sara.



DIARIO CLANDESTINO 1943-1945 G. GUARESCHI
                      
Il nome di Giovannino Guareschi è indissolubilmente legato alle figure di Don Camillo e Peppone e alle vicende che attorno ad essi vennero costruite. Ma c’è un altro Guareschi, forse meno conosciuto ma comunque sia valevole di essere scoperto…c’è l’uomo che ha un suo importante vissuto, da prigioniero in un Lager nazista per un periodo di tre anni. Questo libro non è un vero e proprio racconto di quei terribili anni ed il suo stile di scrittura non si avvicina certamente a quello di Primo Levi. Queste pagine sono un insieme di momenti e di pensieri vissuti nel Lager, scritti e raccontati agli altri prigionieri per esorcizzare quell’incubo del quale si erano trovati inconsapevolmente attori. Alcuni episodi sono giunti fino ai giorni nostri ma sono di difficile comprensione per chi li legge, perché non suscitano scalpore, non creano disgusto e rabbia, non smuovono senso di colpa o di pietà. Più che altro toccano le corde della dolcezza e della malinconia. L’idea di Guareschi non era di piangersi addosso, ma di non perdere quei momenti perché, anche laggiù tra Polonia e Germania, quella vita fatta di stenti era comunque vita…e non la voleva perdere. Può apparire inconsueto ma, nel momento in cui tutti volevano dimenticare quei giorni, lui voleva trattenere qualcosa di essi cercando di addolcire la tristezza con una leggera ironia.
Scrive tra le righe: “Il pensiero è un soffio di niente e non ha volto: e allora figurati che io stesso ogni notte esca dal recinto…”. È con questa forza d’animo e con il suo grande attaccamento alla vita che Guareschi ha affrontato la lunga prigionia lasciandoci come testimonianza questo diario…

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